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Le
illusioni del Pil Poco tempo per salvare l’Unione Il
più 0,3 per cento del Pil italiano segnalato dall’Istat nel primo trimestre
del 2016 viene presentato come un grande successo, quando in verità è una
miseria. La media dell’eurozona è dello 0,5% e purtroppo ci ricordiamo che
nell'ultimo trimestre del 2015 la domanda reale nell'Eurozona era del 2 per
cento inferiore a quella del primo trimestre del 2008, quando negli Stati
Uniti era del 10 per cento superiore. Il che significa che l’area Euro non
sta progredendo, ma fatica a recuperare le posizioni perdute negli ultimi
sette anni di crisi. Il 2016 annuncia questa tendenza. In questo tentativo di
risalita dei grandi Paesi dell’area euro, solo la Germania, registra un
aumento superiore alla media, e, manco a dirlo, superiore al doppio del Pil,
italiano, + 0,7%. C’è poco da fare, ogni volta che dobbiamo misurare dei
dati, siamo sempre di fronte ad una sola evidenza: l’Italia appare come
l’anello debole, la Germania quello forte. Dispiace per Renzi, ma non saranno
le riforme costituzionali, meno che mai quella elettorale a ridarci lo smalto
che ci manca. L’Italia è molto più indietro economicamente, burocraticamente,
socialmente e hai voglia a rottamare. Poi non è detto che quello che funziona
per un paese come la Germania, dotato di settori industriali scambiabili
altamente competitivi, possa essere adeguato al resto dell’Eurozona,
un'economia tre volte più grande e molto più chiusa al commercio estero.
Siamo inevitabilmente giunti al cuore della crisi dell’unione europea, per
cui se gli altri paesi non si germanizzano, la Germania dovrebbe rinunciare
alle sue caratteristiche. Non è avvenuta ne una cosa, né l’altra, tanto che
oramai in alcuni ambienti finanziari si chiede alla Germania e non alla
Grecia di lasciare l’euro. Una soluzione che vanificherebbe tutta la fatica
fatta in questi due decenni. Per trovare un punto di equilibrio ed evitare un
tale scenario, rimane poco tempo. Se la Germania pensa di passarlo attaccando
il governatore della Bce, accusato di una politica di finanziamento degli
Stati espropriando i piccoli risparmiatori, mentre gli altri Stati difendono
le loro prerogative, siamo spacciati. Roma, 13
maggio 2016 |
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